sabato 13 dicembre 2008

L'importanza degli educatori

Servono oggi educatori convinti che non è solo la droga il rischio mortale dei giovani ma quella vita senza sogni, senza progetti e senza speranza che quotidianamente essi respirano nei loro ambienti di vita, nella cultura vuota della scuola, nel lavoro incerto o di pura prestazione, nel sentirsi ai margini, eppure ammaliati, di un mondo di efficienza e di immagine. Questa rassegnazione, questa cultura di morte, i giovani la assorbono anche in casa, nelle conversazioni vuote e banali, nella possessività e nell'incertezza affettiva, nel disorientamento dei valori e delle scelte. Nei servizi del pubblico e del privato quando la burocrazia e il predominio del codice monetario soffoca la speranza di riscatto e di futuro.L'alternativa credibile consiste nella promozione della produzione di attività espressive e creative riconosciute ed ammirate dagli adulti, condotte però in prima persona, dove la famiglia può garantirne la possibilità ma non cooperare alla loro realizzazione.

Promuovere la cultura dei giovani

I giovani si presentano al mondo adulto nei termini di un paradosso. Le droghe (compresi alcool e l'abuso dei farmaci) sono diventate così merci-simbolo, come il denaro, in presenza di modelli culturali diffusi che orientano al piacere e al benessere. In ogni caso il meccanismo di assunzione delle sostanze fa leva soprattutto sulla passività e sulla dipendenza ed impedisce, allo stesso tempo, di avvertire la natura del disagio e delle domande profonde. L'alienazione che ne deriva è tanto più distruttiva quanto più profonde erano le aspettative ed i bisogni di chi ne diventa vittima. La giovinezza, da sempre, è anche l'età non solo delle scelte ma dell'"eroismo": l'arco di età in cui con più coraggio e generosità sLa droga uccide il rinnovamento della società perché ne mette a tacere i protagonisti. La droga è la voce soffocata, è la protesta prevenuta e ridotta al nulla. i è disposti ad investire su quanto si considera degno.

La famiglia PROBLEMA e RISORSA

Gli atteggiamenti di dipendenza e la propensione a sviluppare una mentalità assistenziale passiva (basata sulla pretesa, sulla contrapposizione tra dovere e piacere, sulla cultura dei diritti senza doveri...), l’amplificazione delle aspettative consumistiche, si imparano fin dalla prima età, nelle mura domestiche. I percorsi riabilitativi si sono in questi anni molto orientati alla famiglia, imparando a riconoscerne le contraddizioni, le debolezze e i fallimenti ma anche le enorme possibilità di riscatto cui è possibile assistere. I nodi qualitativi dell'intervento riguardano, oggi, soprattutto la definizione dei bisogni delle persone e dei loro contesti familiari. E' degno di nota un risultato nella verifica della cura su cui molta bibliografia concorda: la correlazione positiva fra il coinvolgimento della famiglia e il successo terapeutico. Per questo nella nostra città sono nati numerosi servizio per l'accompagnamento delle famiglie, prima, durante e dopo il percorso terapeutico dei figli. "L'attivazione dei centri di ascolto e il lavoro attivo con le famiglie permette ai genitori di uscire dalla vergogna, dalla disperazione e alla collettività di attivare processi di comunicazione e di interazione più solidali"

Le comunità terapeutiche: una proposta forte

Fino a poco tempo fa le comunità terapeutiche erano un fenomeno di moda e di consumo; erano in parte anche una costruzione della comunicazione sociale. Hanno perciò seguito, come era logico, l’evoluzione e il destino dei prodotti della società mediale. Oggi le comunità terapeutiche hanno perso molto della loro attrattiva e popolarità. E’ stata una purificazione necessaria perché le comunità terapeutiche e, più in generale, tutte le proposte orientate all'aiuto e al cambiamento terapeutico, ritrovino una loro collocazione più realistica, senza nulla perdere della loro dignità.
Al di là del legittimo pluralismo delle scelte terapeutiche le iniziative di cura e riabilitazione delle tossicodipendenze che offrono le comunità terapeutiche sono caratterizzate in modo spesso esplicito da codici etici che si propongono anche una modificazione degli atteggiamenti profondi verso la vita e riorientamento valoriale, conciliando l'analisi dei bisogni anche profondi e l'offerta di risposte concrete.

Le droghe "sono un mondo in un mondo che non ti piace".


Le droghe, tuttavia, rispondono non solo alla domanda di piacere ma anche a quelle delle prestazioni sociali, in una società ad altissima intensità di competizione e di controllo in ogni ambito della vita diurna e notturna. Le droghe funzionano e per questo hanno successo. Contro le pressioni all'omologazione e all'appiattimento, nella ricerca di sensazioni forti; nel bisogno di facilitazione sociale; nelle forme sempre più rigide e formali di comunicazione (artificiale in pubblico, noiosa e ripetitiva in privato). Meglio "tossici" che "falliti" il ricorso alle droghe può anche incoraggiare le persone a non sentirsi responsabili delle conseguenze delle proprie azioni e insuccessi.

Ricerca del godimento, esperienza del piacere attraverso le droghe

Le droghe, innanzi tutto piacciono. Modificano la percezione della realtà, cambiano lo stato mentale . Considerare la gratificazione come il focus della dipendenza permette di superare la prospettiva angusta del disagio giovanile e di mettere in discussione equivalenze e semplificazioni radicate: consumo uguale tossicodipendenza, drogato uguale vittima, droga uguale emarginazione. Eliminare la sofferenza, soffocare un disagio è solo un aspetto della gratificazione cercata. Alterazione del pensiero, dell'affettività, del comportamento, ricerca di una dimensione diversa dalla quotidianità sono altri obiettivi non meno importanti.
L'esperienza del piacere dà anche ragione della genesi e dell'evoluzione del processo della dipendenza. Alla fase di contatto e alle prime esperienze si è introdotti da una vera iniziazione (individuale o di gruppo) per apprendere l'uso più efficace nella ricerca della gratificazione, per ricavarne il massimo del piacere. Tra dipendente e oggetto della dipendenza si sviluppa così una relazione affettiva ed emotiva (culto e rito), dove la volontà di provare la sensazione prevale su altri bisogni anche se primari . Pensieri, emozioni e comportamenti cambiano radicalmente prima e dopo l'intensa esperienza (flash) del piacere che però, con il passare del tempo non risparmia l'epilogo del senso di fallimento e di colpa, per la graduale perdita del controllo che nella tossicomania diventa totale.

Elaborazione di una definizione dettagliata della tossicodipendenza


Secondo alcuni esperti la tossicodipendenza è una "condizione patologica correlata ad un'alterazione del sistema della gratificazione e ad una coartazione delle modalità e dei mezzi con cui il soggetto si procura piacere, caratterizzata da craving e da una relazione con un oggetto (sostanza, situazione…) connotata da reiterazione e marcata difficoltà alla rinuncia". La tossicodipendenza non è quindi questione di dose, non è semplicemente assunzione di una sostanza chimica ma un comportamento preciso dove sono determinanti gli stimoli che la persona vive, gli effetti in cui è coinvolta, e soprattutto, l'intensità della gratificazione che raggiunge.

Verso una definizione condivisa dell'abuso e della dipendenza

Un approccio oggi sempre più condiviso, raggruppa i comportamenti di consumo di tutte le sostanze in una solo categoria gnoseologica, perché tutte agiscono su uno o più neurotrasmettitori; il meccanismo di dipendenza utilizza gli stessi meccanismi neurobiologici quale che sia la sostanza d’uso. Si parla, quindi, di condotte di addiction che hanno in comune alcune caratteristiche, che li contraddistinguono in maniera inequivocabile: l’impossibilità a resistere all’impulso, la tensione interiore prima di dare inizio al comportamento, la sensazione di piacere nell’intraprendere il comportamento, la percezione di perdita del controllo, più evidente ad ogni ricaduta, l’abbandono di attività sociali importanti, la penosa constatazione di venire intrappolati nei meccanismi dell’emarginazione.

mercoledì 10 dicembre 2008

Per una cultura alla cura delle dipendenze

Probabilmente i mutamenti socio-politici-culturali di questi ultimi anni, che hanno portato parte dell’opinione pubblica a posizioni fortemente critiche, a volte ideologiche, nei riguardi della cura delle dipendenze, a anche dei SERT come servizio rivolto a tale soggetti. . "Considerare preminente il metodo scientifico nella cura delle dipendenze patologiche è un aspetto di assoluta importanza perché ne condiziona fortemente la percezione, sia presso i decisori, presso i pazienti e i loro familiari"(P.P. Pani). Scegliere di utilizzare alcuni criteri del metodo scientifico può significare semplificare la comunicazione nelle funzioni più complesse del linguaggio: quella descrittiva e quella critica , rendere più efficaci i processi d’interazione comunicativa, facilitare la condivisione dei contenuti su alcuni degli aspetti più importanti del dibattito culturale in corso riguardante la tossicodipendenza, come l’approccio scientifico, le leggi, gli aspetti etici legati alla considerazione della persona/cittadino, che ha un problema di "dipendenza da", che viene trattata come un malato. Occorre superare l’equivoco secondo il quale educare può significare dare una forma, quando piuttosto nella pratica lavorativa quotidiana, si utilizza lo strumento dell’accompagnamento verso un possibile percorso di cambiamento che riconosca l’esistenza - nell’essere umano - di una determinabile sostanzialità, intenzionalità, dignità personale. "al centro della tossicodipendenza si trova l’uomo, soggetto unico ed irripetibile, con la sua intenzionalità e specifica personalità". Quando si sostiene che "la persona è il primum da cui è inevitabile partire è il dato iniziale , "il substrato ontologico di ciascun essere umano".Ciò significa che "tutto passa attraverso la persona , perché tutto viene pronunciato, detto dalla persona" (G.Flores D’Arcais).

Le dipendenze viste non in senso stretto ma che riguardano sia l'uomo(tossicodipendente,alcolista)che" il suo essere al mondo"

La "tossicodipendenza" come espressione di una patologia dell’individuo viene considerata all’interno di una visione diagnostico/clinica articolata ed è tendenzialmente filtrata da tutte quelle considerazioni di carattere valoriale, pregiudiziale e ideologico che l’hanno accompagnata spesso nella percezione dell’opinione pubblica, poi amplificata dai mass media. Nel 1969 G.Myrdal nel suo scritto "L’obiettività nelle Scienze Sociali" lucidamente affrontava "il mito dell’oggettività del ricercatore, il ruolo giocato dall’eredità culturale delle passate generazioni e dai condizionamenti dell’intero contesto sociale in cui lo studioso si trova ad agire". Il discorso sulle dipendenze effettivamente non può essere ridotto alla sola disamina degli aspetti procedurali e tecnico-scientifici. Occorre poter continuare a promuovere un dibattito nella comunità, sviluppare più riflessioni in differenti direzioni e articolare ermeneuticamente il pensiero sulle dipendenze. In altri termini occorre soffermarsi per ridare importanza e significato, attingendo alla cultura umanistica, ad alcuni aspetti dell’esperienza umana e dell’essere uomo. Ad esempio, soffermarsi a considerare temi importanti, come la presenza/assenza nella cultura contemporanea del dolore e della morte, la scomparsa dei riti di passaggio, il mancato completamento del processo d’individuazione nelle persone e l’indifferenziazione diffusa, la comunicazione superficiale, la modificazione della cultura del padre influenzata dai processi sociali. Tutto ciò per poter riflettere non solo sulle "concause" della dipendenza patologica, quanto sulla possibilità di modificare lo stile di vita delle persone, migliorandone la qualità fondamentali.

La storia dell' alcolismo

LA STORIA

E' probabile che già i cacciatori e i coltivatori della preistoria fossero a conoscenza dell'effetto stupefacente dei frutti fermentati. . Vino e birra erano in uso nell'antico Egitto come offerte sacrificali agli dei e come medicamenti per gli uomini. Il cristianesimo fece del vino un sacramento: simbolizza il sangue del redentore ed è parte integrante della comunione. L'alcol è da sempre considerato una sostanza prelibata, stupefacente e nutritiva. Bevevano birra gli schiavi che costruirono le piramidi. Gli antichi Greci adoravano Dionisio il Dio del vino e dell'ebbrezza. Gli antichi romani preferivano la degustazione continua, ma moderata. Il nome alcol, che significa "il meglio di una cosa", lo dobbiamo invece agli arabi. E fino a tutto il Medioevo il bere fino al tracollo era una cosa ovvia in tutto il territorio tedesco. La birra si produceva soprattutto nei monasteri.
Prima che la patata si affermasse come alimento di base, nel Diciottesimo secolo, la birra era un elemento importante nell'alimentazione quotidiana. La Rivoluzione industriale si compì alle spese di una manovalanza estremamente sfruttata, che si anestetizzava e si nutriva a basso costo con distillati ad altissima gradazione.
La dipendenza dall' alcol, la miseria ed il malessere a esso collegati portarono allo sfociare del contro-movimento puritano degli astemi. Negli Stati Uniti si tentò invano, con l'introduzione del proibizionismo, di prendere il controllo della situazione: il proibizionismo durò dal 1919 al 1933 ed ebbe come prima conseguenza l'aumento della criminalità organizzata. Alla proibizione la maggior parte delle nazioni ha preferito il controllo sulla produzione e sulla vendita, soprattutto a causa degli altissimi proventi dalla tassazione sugli alcolici. Lo stato tedesco incassa ogni anno otto miliardi di marchi in tasse sugli alcolici.

Cos'è l' alcolismo?

E’ molto diffuso l'uso di alcol insieme ad altre sostanze (cocaina,ecstasy o altre droghe) sebbene il consumo misto produca effetti molto pericolosi. Comunque quando si parla di problemi di droga e dei suoi effetti, la dipendenza e/o l’abuso di alcol (alcolismo) viene menzionato raramente anche se ogni anno decine di migliaia di persone muoiono a causa degli effetti diretti o indiretti del consumo di alcol: più o meno la metà degli incidenti stradali mortali e una percentuale consistente dei reati di violenza sono da ricondursi a una coscienza annebbiata dall'alcol.